Estratto XXVI FORUM della fascia costiera Ligure - Tosco - Laziale e della Sardegna orientale
- Luca Pileri
- 4 set 2014
- Tempo di lettura: 4 min
Ing. Giovanni PILERI, per la portualità in Sardegna
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Ultimamente si sta parlando, finalmente, sempre di più di portualità turistica. Questo Forum organizzato dal Rotary rappresenta un’iniziativa di grande rilevanza culturale.
Infatti credo che affrontare problematiche riguardanti la portualità turistica equivalga a dare un grande impulso alla crescita culturale ed economica delle nostre comunità.
Questa crescita dovrebbe interessare prima di tutto la classe politica, gli imprenditori ed i progettisti per far si che l’utenza finale (i diportisti), che non manca di cultura nautica, possa avere risposte concrete alle nuove esigenze del settore.
La nautica da diporto è un’attività turistica moderna di cui è facile prevedere un notevole sviluppo in conseguenza della sempre maggior disponibilità di tempo libero, della accessibilità del mezzo nautico da parte di una maggior fascia sociale, specialmente dove le spiagge sorgono fra coste frastagliate circondate da piccoli promontori e isolotti facilmente raggiungibili, come sulle coste Nord Orientali della Sardegna.
Il turismo nautico non può svilupparsi se non parallelamente allo sviluppo dei porti turistici, trascinando conseguentemente lo sviluppo di altre attività complementari, come la cantieristica, l’alberghiera, la commerciale, ecc…
Chi ha seguito la vita di un porto turistico ha potuto notare la differenza fra le barche presenti in porto nel primo anno e gli anni successivi: sottodimensionate rispetto al posto occupato nel primo anno ed al massimo della misura ammessa dopo due o tre anni.
Lo sviluppo del turismo nautico non è quindi uno sviluppo unidirezionale, ma presenta conseguenze economiche positive in più campi.
Come tutte le iniziative in fase di sviluppo va anch’esso indirizzato e pianificato, se non si vuole che ricada nel caos, conseguentemente nell’improduttività e quindi con risultati negativi.
Un piano organico dovrebbe, in linea generale, tener conto di alcune fondamentali considerazioni:
- la scelta del luogo dove costruire un porto non deve essere subordinata o condizionata allo sviluppo immobiliare della località, ma dettata da precise valutazioni tecniche.
- non sempre è possibile e consigliabile fare un porto dove è in atto un insediamento immobiliare turistico, mentre spesso è possibile un insediamento immobiliare dove c’è un porto.
- i porti non possono essere degli episodi isolati, ma punti di un piano organico che interessi tutta la regione in cui sorgono.
- devono essere ubicati scegliendo i posti dal mare ed a una distanza fra loro non superiore a due ore di navigazione (circa 20/25 miglia) tenendo conto del mare e del tipo di utente che frequenta i porti turistici.
- devono essere complementari o meglio si devono complementare con i porti rifugio o pescherecci esistenti, costituendo un complesso organico in una pianificazione della costa.
- devono essere attrezzati non solo con i servizi a terra indispensabili (acqua e corrente elettrica), ma con l’officina strutturata per l’assistenza alle imbarcazioni in avaria, scali di alaggio e varo, stazioni radio per i vari collegamenti in mare, devono offrire servizi ormai indispensabili di collegamento e scambio con l’entroterra.
- devono in particolare essere parte integrante di un contesto a terra che possibilmente non sia artificiale ma che permetta al diportista di usufruire delle peculiarità storiche, culturali e sociali del luogo ove è localizzato il porto.
In Sardegna fino a qualche anno fa è mancata una seria politica per la nautica da diporto che, al di là degli investimenti fatti, non ha prodotto un piano organico di settore indispensabile per una corretta gestione sia sotto il profilo economico che ambientale.
Infatti sono stati fatti in alcuni casi, consistenti investimenti per la costruzione di nuove opere talvolta non indispensabili che hanno creato problemi di scarso utilizzo delle strutture e problematiche di tipo ambientale, mentre sarebbe stato più opportuno orientare i finanziamenti al recupero e riadattamento dei molti porti commerciali esistenti e non più utilizzati per tale scopo.
Occorre precisare, per la verità, che non si tratta di colpe soltanto regionali è la cultura Nazionale ad essere carente: infatti a fronte di nuovi interventi per la realizzazione delle coste si trascurano i 143 scali commerciali spesso vuoti e abbandonati a se stessi esistenti in Italia, che tra l’altro in questa situazione aggravano il bilancio dei lavori pubblici.
Perché non convertirli, inserendovi i servizi e le strutture per il diporto con costi posto barca sicuramente inferiori a quelli relativi alla realizzazione di nuove strutture portuali?
Tra l’altro la localizzazione dei porti commerciali coincide spesso con un entroterra caratterizzato dalla presenza di città ricche di storia o da zone costiere di particolare rilevanza ambientale e paesistica.
COSA DIRE SULLA RETE DEI PORTI?
Prima di tutto per poter parlare di rete bisognerebbe parlare di qualità dei porti o meglio di qualità dei servizi che le strutture portuali riescono a fornire.
Infatti a differenza di altri settori turistici quale ad esempio quello alberghiero, spesso, i porti vengono finanziati, progettati, costruiti e gestiti senza tener conto di un obbiettivo che invece dovrebbe essere indispensabile che è la certificazione di qualità.
Sarebbe necessaria per i porti, come per le strutture alberghiere, una classificazione in funzione dei servizi offerti.
Infatti, al di là degli standard progettuali in via di definizione ed aggiornamento, le strutture portuali dovrebbero garantire alcuni servizi obbligatori per poter rientrare in un circuito di rete.
Tali servizi dovrebbero essere inseriti come parte fondamentale dell’atto concessorio rilasciato dal Ministero competente.
Leggi l'articolo intero : http://archivio.rotary2071.org/archivio/2001-2003/distretto/ForumXXVI/forum.htm
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