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Diportismo di alto livello grazie alle intese nell’Ue

  • Luca Pileri
  • 3 set 2014
  • Tempo di lettura: 2 min

OLBIA. La Sardegna entra nel progetto comunitario Nautismed, nato all’interno del programma Interreg III B Medocc e insieme alla Spagna, al Portogallo e alla Grecia, riflette su come plasmare un turismo nautico di nuova qualità all’interno di una logica comunitaria. Il primo passo verso la creazione di questo modello d’eccellenza consiste nel completamento del sistema portuale.

Un’ operazione che deve prevedere l’incremento dei posti barca, troppo pochi rispetto alle richieste, l’innalzamento della qualità dei servizi offerti e la creazione di un rapporto più stretto tra città e water front. Su questa rotta hanno viaggiato gli interventi dei relatori del seminario internazionale “Quality in the ports”. «Da alcuni anni - ha detto il sindaco di Olbia Nizzi -, seguendo l’esempio di altre città mediterranee, lavoriamo su progetti di ristrutturazione urbanistica che avvicinino la città al porto. Abbiamo investito 15 milioni di euro per i lavori, ormai in via di conclusione, per la sistemazione dell’avamporto, e altrettanti per la riqualificazione della centro storico». Le città sarde, e galluresi in particolare, guardano con attenzione i loro porti ma, come ha sottolineato l’assessore all’Urbanistica di Arzachena Giovanni Pileri, fino a qualche anno fa è mancata una politica per la nautica da diporto. «Al di là degli investimenti fatti - ha detto -, non ha prodotto un organico piano di settore, indispensabile per una corretta gestione sotto il profilo economico e ambientale». Secondo Pileri il vero errore va ricercato nel metodo di investimento. «Sono state costruite nuove opere, talvolta scarsamente utilizzate, mentre sarebbe stato opportuno orientare le risorse economiche pubbliche per il recupero e il riadattamento dei molti porti commerciali esistenti e non più utilizzati a tale scopo». L’isola resta così affamata di posti barca; quelli attualmente esistenti, tra i 18 e i 20 mila e concentrati nella costa settentrionale sarda per oltre il 50% non bastano più. «Gli studi effettuati hanno evidenziato la necessità di incrementare il numero di ormeggi - ha aggiunto Pileri - soprattutto per soddisfare la maggiore richiesta stagionale e il transito dei diportisti esteri. Si stima in circa 22 posti barca la disponibilità necessaria a soddisfare la domanda del bacino nord orientale per il 2010». Per integrare la richiesta di posti per le imbarcazioni sotto i 9 metri, si potrebbe imparare dagli americani, pionieri del porto a secco. «Una soluzione in cui viene offerto un servizio capace di garantire, grazie alla diminuzione delle spese di ormeggio, di manutenzione e di pulizia delle carene e del motore, il mantenimento delle piccole barche a costi contenuti e ideale per chi usufruisce di brevi periodi di vacanza». Per il presidente dell’Autorità Portuale Piro, in vista delle opportunità offerte dal progetto Nautismed, si dovrebbe anche lavorare a un sistema di gestione comune della portualità turistica. «Basti pensare ai posti riservati al transito nei porti turistici, quindi non prenotabili, individuati dalla regolamentazione italiana nel 10%. Nei nostri porti, soprattutto nel nord, gli ormeggi prenotabili sono esauriti già a giugno e quel 10% non basta a consentire un progetto di accoglienza serio». La soluzione potrebbe essere la modifica delle legislazioni dei paesi Ue. «Ma anche la previsione di una percentuale destinata al transito tra il 30 e il 40 % nei nuovi investimenti e la realizzazione di un progetto di classificazione dei marina a livello europeo».

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