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LE CRITICHE FANNO PAURA

  • Luca Pileri
  • 3 set 2014
  • Tempo di lettura: 20 min
Il presidente dell'Ente di gestione della Maddalena ha citato "Nautica" per danni
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Dopo la denuncia del disegnatore satirico Forattini da parte del Presidente del Consiglio D'Alema, anche Nautica assurge agli onori della cronaca giudiziaria, affiancando il vignettista almeno nell'entità della richiesta del risarcimento mossa nei suoi confronti: 3.000.000.000 di lire.

Promotore della clamorosa iniziativa è il Professor Camarda che, in qualità di Presidente (anche lui) del Comitato di gestione dell'Ente parco della Maddalena, ha sottoscritto l'atto di citazione in giudizio innanzi al Tribunale di Roma.

L'accostamento, inusuale, viene spontaneo più per l'entità dell'indennizzo, che per l'appartenenza dei protagonisti alla stessa area culturale. Il buon senso infatti è indipendente dalle idee politiche e dalle convinzioni personali; chi tenta di mettere il bavaglio alla stampa, ogni qualvolta questa dà voce ai cittadini criticando un pubblico ufficio, a nostro avviso dà prova di poca saggezza e scarso senso della misura.

E le nostre critiche si sono rivolte in senso generale a tutta l'operazione parchi messa in piedi dal ministro dell'Ambiente, Edo Ronchi, e in particolare sull'uso molto discutibile fattane dagli enti di gestione, che l'hanno utilizzata come un mezzo di promozione locale. In particolare, a La Maddalena si sono essenzialmente limitati all'assunzione di pochi controllori, non in grado di tenere adeguatamente sotto controllo tutta l'area protetta, e all'esazione di un tributo di visita, da cui peraltro è esente tutta la clientela turistica del Comune di La Maddalena. Così, abbiamo scritto, in pratica, chi paga non inquina. E che le nostre critiche siano state brucianti, lo dimostra il diverso atteggiamento dello stesso presidente dell'Ente gestore, che non ha reagito alle durissime prese di posizione abbattutesi sul parco della Maddalena da ogni parte, mentre ha elevato la reazione (legale) dell'Ente gestore nei confronti di "Nautica". Ma non è certo una citazione che può farci cambiare parere e la nostra linea è stata condivisa, in maniere del tutto autonoma anche da altre testate. Solo che "Nautica", come è nel suo costume, ha approfondito: ha mandato a controllare la realtà di questa gestione e di altre, a campione, da un suo inviato. E quanto scrive "Nautica" è letto da tutto il popolo delle barche, che ne tiene conto. Riteniamo sia proprio l'autorevolezza della nostra testata ad essere sotto tiro e, con essa, la capacità di dare voce al cittadino. Quindi, il problema non è più cosa Nautica abbia scritto, ma il fatto che sia stata la nostra rivista a scrivere certe cose. Evidentemente la nostra voce disturba e preoccupa e la prima reazione del presidente dell'ente gestore non è stata quella di chiedere il diritto alla raplica previsto dalla legge sulla stampa, che noi avremmo puntualmente rispettato, com'è nostro uso, ma è passato direttamente alla richiesta di danni per ben 3 miliardi, cercando con ciò di intimorirci e metterci il bavaglio.

Bontà sua, non credevamo di avere il potere di allontanare tanti diportisti dall'Arcipelago della Maddalena fino a giustificare una richiesta di tale importo. Perciò la richiesta più che abbatterci ci inorgoglisce, anche se la realtà ci insegna che i diportisti, in gran parte dirigenti e professionisti, ma tutti spiriti liberi, sanno operare da soli le proprie scelte. E l'Ente gestore ha dalla sua la fortuna della grande bellezza dei luoghi, certamente, come tutta la Sardegna, tra i più belli al mondo, che ne fanno una meta preferita da chi va in barca.

Ma, finché ne avremo la possibilità, ripeteremo in ogni circostanza e in ogni sede la posizione nostra e dei tanti lettori, autorità, magistrati e deli stessi ambientalisti che ci hanno espresso la loro adesione alle nostre tesi, che non sono contrarie ai parchi marini e alle aree protette, tutt'altro, ma solo a una pletora di enti gestori senza quattrini.

Pochi parchi ma buoni, con il tempo per creare quelle attrezzature e servizi che poi devono consentire un accurato controllo dell'ambiente, nel rispetto anche dei diritti dell'uomo, come avviene nella vicina Francia. Non confondiamo l'ambiente con gli affari locali, che poi giustificano il nostro grido contro lo scippo delle più belle aree marittime italiane, per farne principalmente dei centri di potere.

E poi, che senso ha proteggere delle aree dove, come a La Maddalena, c'è una tale antropizzazione, un via vai di vaporetti e navi, addirittura una base della Nato, che rendono ridicola la stessa idea di farne un perco. Ma tant'è. Ora esiste e ce lo teniamo, ma che almeno la sua gestione sia guidata dal buonsenso e non dalla convenienza politica locale.

E sgombriamo il campo da un'altra assurdità: la difesa degli habitat marini non può prescindere dalla tutela delle coste (abusivismo edilizio, scarichi a mare, ecc.). Pretendere che ogni forma di degrado sia imputabile alle attività nautiche, che per certi benpensanti vanno criminalizzate, limitate, costrette e possibilmente allontanate, non è accettabile. La nautica, certo, deve fare la sua parte. Ma a fronte della limitazione del diritto di libera navigazione, che deve essere attuato con ragionevolezza e in regime di uguaglianza, si devono comunque assicurare fruibilità e sicurezza della navigazione, oltre che un puntuale controllo sulla pressione turistica a terra.

Le accuse

E ora vogliamo soddisfare la curiosità dei nostri lettori. Nel dire queste cose, che ci sembrano chiare e limpide come le acque che anche noi vogliamo proteggere, ci siamo trovati sul banco degli imputati. Tre sono le censure mosse a Nautica nell'atto di citazione:

  • la rivista avrebbe riportato intenzionalmente circostanze false;

  • lo avrebbe fatto al fine di suffragare opinioni unicamente volte a denigrare l'Ente gestore del parco della Maddalena ed i suoi rappresentanti;

  • questo avrebbe causato un danno all'immagine del parco e anche un danno economico alle entrate dell'Ente stesso, dovute ad un minor incasso dei biglietti d'ingresso, tale da giustificare la richiesta di risarcimento.

Nessuna di queste affermazioni corrisponde a verità. Certo ci costerà tempo e denaro doverlo provare, ma abbiamo fiducia nell'esito della vertenza giudiziaria anche se dobbiamo affrontare un agguerrito pool di avvocati tra Milano e Roma, incaricati dall'Ente parco di muoverci guerra.

Comunque le nostre opinioni (che solo perché tali meriterebbero rispetto) sono frutto dell'esperienza diretta, della raccolta di dati, della loro analisi e, soprattutto, sono alla base di proposte alternative. Questo lavoro non ha interessato il solo parco sardo, ma ha preso in esame le principali aree marine protette in tutta Italia. Diverse inchieste ne hanno comparato le norme (sia quelle istitutive di fonte legislativa, sia i regolamenti di attuazione emanate dagli enti gestori), valutata l'efficienza di funzionamento, messi in luce pregi e difetti.

Quale paese è quello dove non si può sottoporre al vaglio critico l'operato di una pubblica amministrazione? Il pool di avvocati del Professor Camarda sostiene che l'Ente parco ha agito in forza di legge. E' forse questo un valido motivo per esonerarlo da ogni controllo sul suo operato?

Peraltro l'Ente parco, nell'emanare le norme di attuazione, gode di ampi poteri decisionali e di scelta, tali da configurare tali norme come il risultato di un atto "politico" e non di mera esecuzione delle disposizioni di legge. Così prescrive la legge istitutiva del parco. Lo stesso Presidente Camarda, in uno scritto a sua firma pubblicato su La Nuova Sardegna del 12/07/99, dichiara che "Al Parco è stata affidata una parte significativa delle responsabilità di dare risposte positive" alla tutela ambientale. Subito di seguito, nello stesso scritto, si legge che "la prima richiesta forte della comunità della Maddalena è quella di promuovere le attività locali legate alla fruizione ambientale e che tale richiesta non può essere elusa. (…) Da qui nasce l'esigenza di riconoscere un privilegio ai cittadini residenti".

I fatti alla base degli articoli di Nautica.

Come autorevolmente stabilito dalla Cassazione Civile, "in generale la critica (…) si risolve in una interpretazione di fatti, comportamenti ed opere dell'uomo che, per sua natura, è necessariamente soggettiva, cioè corrisponde al punto di vista di chi la manifesta". Alla luce di questa massima possiamo esaminare il primo motivo della richiesta di risarcimento: la falsità delle circostanze riportate. E' facilmente di-mostrabile che le opinioni formulate su Nautica si basano su alcuni fatti, accertati e noti - derivanti da atti pubblici dell'Ente e pubbliche dichiarazioni del suo Presidente, Professor Camarda - e su constatazioni dirette dei collaboratori del men-sile, segnalazioni dei suoi lettori, testimonianze di terzi. Per esempio è un fatto che le esenzioni previste dal De-creto istitutivo in favore dei cittadini residenti alla Maddalena siano state estese dal Regolamento di attuazione, che operando una scelta ben precisa, vi ha incluso:

  • "coloro che sono (solamente, ndr) proprietari di case, anche per il solo uso di vacanza";

  • "coloro che abbiano la disponibilità (a qualsiasi titolo, ndr) di un alloggio per un periodo non inferiore a 15 giorni";

  • "i proprietari di imbarcazioni che abbiano la disponibilità di un posto barca"

  • Un altro fatto è che, almeno per il 1999, l'Ente gestore ha scelto di adottare una politica che consentisse a tutte le imbarcazioni l'accesso alla fascia costiera purché pagassero un biglietto d'ingresso. Fatto ribadito, tra l'altro, da una nota a firma Amministrazione Comunale della Maddalena, apparsa su La Nuova Sardegna del 10 luglio 1999, in cui si legge "Precisiamo: l'accesso alle baie è libero per tutti e costa ¸ 2000 al giorno a metro lineare (di lunghezza dell'imbarcazione)".

Infine il rischio che si volesse utilizzare il pe-daggio come uni-co mezzo di re-golamentazione degli accessi, prima ancora che ad una opinione della rivista, corrisponde alle dichiarazioni pubbliche rese dal Presidente Camarda. Si legga per tutti quella rilasciata all'autorevole Sole 24 Ore, dove il "ticket" è definito "un filtro comunque necessario, perché il Parco non può tollerare un flusso di visitatori indiscriminato" (Il Sole 24 Ore, 30 agosto 1999). Che poi non vi fosse un adeguato controllo e che a nostro giudizio il traffico delle imbarcazioni fosse addirittura aumentato è un'opinione (chiaramente espressa come tale), suffragata da diverse testimonianze raccolte sul campo e, soprattutto, dalle dichiarazioni dello stesso presidente dell'Ente gestore (al Sole 24 Ore del 30 agosto 1999) e del commissario del locale Ente del Turismo, Sig. Zanchetta (a La Nuova Sardegna del 2 ottobre 1999). In entrambe si legge che gli ingressi sarebbero aumentati addirittura del 25% e queste dichiarazioni, mai smentite, non possono essere rimangiate alla bisogna. Ma il parco non era stato istituito proprio per regolamentare l'afflusso di persone e quindi limitare al minimo l'impatto ambientale e i rischi che ne derivano?

Corrisponde ad un altro fatto che alcuni servizi, fondamentali per la tutela ambientale, non siano previsti nel Regolamento di attuazione o siano da esso differiti nel tempo. E' bene ricordare che la legge istitutrice del parco, nel prevedere proventi da diritti di ingresso, aggiunge "e le altre entrate derivanti dai servizi resi".

Primo fra tutti la realizzazione di uno o più serbatoi di raccolta, dove le imbarcazioni possano riversare le acque nere di sentina. In mancanza di tale servizio è evidente che:

  • la previsione normativa dell'installazione di analoghi raccoglitori a bordo dei natanti è semplicemente inutile e propagandistica;

  • la norma del Regolamento di attuazione che prevede una riduzione del pedaggio per i natanti provvisti di tale dispositivo, è priva di significato;

  • il contemporaneo divieto di scarico a mare ha il valore di una "grida" manzoniana. Una volta saturati, infatti, tali recipienti non potranno che essere scaricati in acqua. L'installazione dei serbatoi di raccolta sulle imbarcazioni da traffico, sulle quali viaggiano giornalmente complessivamente migliaia di turisti, viene per questo rimandato fino al maggio 2000, cioè di quasi un anno rispetto all'adozione delle norme di attuazione. E nel frattempo?

E' peraltro appena il caso di ricordare la spesa relativamente modesta di una simile realizzazione ed il fatto che altre aree portuali, esterne a quella del parco, hanno previsto tale servizio, pur senza beneficiare di alcun contributo statale né degli introiti previsti per quest'ultimo.

Altrettanto veritiero è che l'istituzione del ticket di accesso sia stata decisa prima di approntare i campi boa, con ancoraggi fissi per la sosta, utili al fine di evitare l'erosione dei fondali ad opera delle ancore delle imbarcazioni. Nautica lo suggeriva sul numero 449, sulla scorta delle esperienze di molti parchi esteri e delle indicazioni del DPR 17/05/96.

E' un fatto che questa (non) scelta contrasta con le intenzioni dichiarate dal Presidente del Parco al convegno UCINA, tenutosi a S. Margherita Ligure il 14 maggio 1999, cioè appena prima dell'emanazione delle norme di attuazione: "L'accesso alle isole in accordo con l'Amministrazione comunale sarà necessariamente regolamentato (…) provvedendo a disporre un sistema di corpi morti (ancoraggi fissi) di minimo impatto idonei ai fondali."

In conclusione, dopo una ricognizione del parco, i cosiddetti servizi realizzati consistono nell'opera di perimetrazione e nella redazione di alcuni fogli informativi (a puro titolo di curiosità ci si chiede se stampati su carta normale o riciclata).

Che l'introduzione del biglietto d'ingresso, invece, sia avvenuta nonostante l'impossibilità di controllare i trasgressori è un fatto, constatato e provato da fotografie, esposti di terzi alla magistratura, ribadito dalla stampa locale e, non ultimo, dallo stesso atto di citazione, che ammette chiaramente l'inadeguatezza di uomini e mezzi a disposizione per il controllo e l'esistenza di abusivi ("L'importo potrà incrementarsi quando un più capillare controllo consentirà di individuare e sanzionare gli abusivi"). Anche se la vigilanza spetta, a norma di legge, alle forze di polizia, compete certamente all'Ente di gestione valutare l'opportunità di imporre il pagamento di un ticket giornaliero di ingresso, per il quale il controllo e l'esazione sono quanto meno problematici.

Nessuna distorsione nell'informazione, nessun danno economico

L'esposizione dei fatti sopra menzionati non può dunque essere additata di falsità, ma neanche di parzialità e incompletezza, come maldestramente tentato dai legali del Prof. Camarda. Il parco della Maddalena è stato oggetto della massima attenzione, di critiche e suggerimenti, da molto prima che l'Ente presieduto dal Professore s'insediasse. Gli ultimi due articoli, oggetto della denuncia, si presentavano come il resoconto ultimo delle considerazioni ampiamente svolte nei precedenti servizi. L'esposizione di questi fatti, assieme a commenti e considerazioni conseguenti, ha costituito semplicemente l'espressione e l'adempimento al diritto-dovere di informare il pubblico, secondo le specifiche competenze e lo specifico orientamento.

La forma polemica dello stile adottato non ha mai ecceduto lo scopo informativo, e non è mai scaduto in un linguaggio gratuitamente offensivo. Inoltre ogni articolo è privo di riferimenti alla persona ed alle competenza professionale dei componenti dell'Ente di gestione, ed estranea ad alcun piano preordinato alla denigrazione dell'Ente e del suo ruolo istituzionale. La valutazione non è arbitraria, né la cronaca si presenta come un mero pretesto per un aggressione morale (in questo, tra l'altro, differenziandosi nettamente da quanto apparso su altri organi di stampa). Risulta pertanto difficile persino l'identificazione della presunta lesione.

Deve comunque ritenersi ampiamente soddisfatto il requisito della sostanziale corrispondenza tra i fatti e la loro narrazione, per quanto riguarda il diritto di cronaca; mentre rientra pienamente nel diritto di critica la contrapposizione di idee, anche in modo aspro, in relazione a fatti o a giudizi compiuti da altri" (Cassazione Civile).

Le prese di posizione di Nautica possono al massimo essere considerate fortemente polemiche, ma ciò trova giustificazione sia nell'intenzione di stigmatizzare delle decisioni sconcertanti - che hanno suscitato vivacissime reazioni a livello popolare, politico (non solo locale), giornalistico, addirittura parlamentare, e sulle quali era doveroso richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica - sia nella puntuale, analitica e circostanziata illustrazione di fatti e motivazioni contenuta negli articoli apparsi sui n. 435, 447 e 450.

Ci si arrampica sugli specchi indicando come lesione all'immagine l'intento (presunto) di Nautica di voler ingenerare nel lettore il convincimento che l'istituzione del pedaggio sia stata adottata in maniera illegittima. Questo non è stato né detto, né sottinteso; né è adombrata qualsiasi ipotesi di "abuso finanziario". Nell'articolo apparso sul n. 449 a firma Bechini, al contrario, si legge chiaramente che "la liceità giuridica del balzello è fissata fin dalla legge quadro sulle aree protette tra le entrate del Parco (…); disposizione regolarmente richiamata nella legge istitutiva del Parco della Maddalena". Si è invece, con forza, ribadita una cosa ben diversa: che in assenza di evidenti servizi, il bagnante ed il diportista pagano "per il solo fatto di stare lì"; che la tassa d'ingresso è stata istituita ben prima che venissero realizzate più significative e incisive opere dirette alla salvaguardia dell'ambiente, alcune delle quali previste dalla stessa legge istitutiva. Il che ha finito col far apparire tale pedaggio l'elemento qualificante, la principale novità, lo scopo vero, dell'intera regolamentazione del traffico delle imbarcazioni, sia agli occhi del cittadino che del cronista, senza peraltro realizzare l'intento principale di disciplinare l'afflusso dei turisti. Se dunque è legittima la possibilità di conseguire entrate da destinarsi ai fini istituzionali, altrettanto lo è il diritto di critica del cittadino per come queste sono regolamentate, il diritto della stampa, specialmente quella specializzata, a dare informazioni ai lettori e al pubblico e, in definitiva, il diritto alla libera scelta di chiunque a non volersi recare nel perimetro del Parco. Se fossimo responsabili per questo, cosa dovrebbe fare ogni regista cinematografico stroncato dalla critica?

Nel nostro caso non solo manca l'evento lesivo, ma è assente anche il danno poiché non v'è alcuna prova sulla presunta riduzione degli incassi che l'Ente Parco ritiene di aver subito ma, anche fosse, non può esserci alcun rapporto di causa-effetto tra la condotta del giornale e il presunto danno. Danno peraltro escluso con dichiarazioni pubbliche sia dal responsabile dell'Ente Parco che dal Commissario dell'Ente locale per il turismo.

Abbiamo l'impressione che una volta lanciato un grosso sasso, un regolamento di attuazione quantomeno criticabile, questo sia diventato valanga, e adesso non si sappia più come nascondere la mano.

La storia

Per comprendere cosa sia successo è opportuno ricapitolare la storia dall'inizio. Nell'anno 1998, in conseguenza dell'attivismo del Ministro Edo Ronchi, responsabile del Dicastero dell'Ambiente, venivano istituite moltissime aree marine protette.

Nautica adottava una posizione chiara, dalla quale non si è successivamente allontanata, apportando il suo contributo al vivace dibattito, culturale, giornalistico e legislativo.

Una volta sottoposte ad attento esame le norme istitutive, attingendo direttamente alla Gazzetta Ufficiale, Nautica ne offriva una critica ragionata al lettore. In particolare, alla luce della comparazione tra le varie aree sottoposte a tutela, dell'elevato numero delle stesse, dei numerosi e svariati divieti imposti solo ad alcune categorie di cittadini, delle molte contraddizioni rilevabili nella disposizioni, si evidenziava come tali norme apparissero espressione di altri interessi piuttosto che dettate esclusivamente da esigenze ambientali. La nostra posizione era dunque molto chiara:

"Desideriamo una natura protetta si, ma nell'equilibrio di una società viva. Ci viene invece imposto un modello ideale (e integralista) di ambiente precluso all'uomo. Non resta quindi che emigrare all'estero, portando i nostri denari a chi, diversamente, ha saputo coniugare la difesa della natura con la possibilità per la gente di goderne e capirne la bellezza.

Quel che più ci indigna è che una, per altro sproporzionata, compressione dei diritti dei cittadini non persegue neanche i nobili fini della tutela di mari e coste. Un esempio per tutti è il parco dell'Arcipelago della Maddalena, nato all'insegna di diverse contraddizioni e molti interessi, che poco hanno a che fare con la politica ambientale" (n. 435). Quindi si concludeva che, "a parte i dubbi sulla legittimità di una tale impostazione (legislativa), tutte le volte che l'applicazione delle norme sarà letterale e restrittiva non ci troveremo di fronte ad un parco naturalistico, quanto, piuttosto, ad un giardino privato." Ad ulteriore suffragio di questa opinione, venivano riportate le dichiarazioni di Pasquale Serra, allora Sindaco della Maddalena: "il parco era per i maddalenini l'unica possibilità per riappropriarsi di un territorio sfruttato da altri senza alcuna ricaduta economica" (Qui Touring n.2/97). L'articolo non trascurava una serie articolata di proposte alternative alle soluzioni adottate, sulla base di quanto già sperimentato con successo all'estero.

La successiva adozione delle norme e dei regolamenti attuativi e l'entrata in funzione delle aree protette, suscitava un vespaio di polemiche. Particolarmente contestate furono la Riserva di Portofino ed il Parco della Maddalena. In particolare, per quanto riguarda quest'ultimo, l'adozione del Regolamento da parte dell'Ente gestore scatenava furibonde reazioni sulla stampa locale e nazionale, le vivaci proteste e le manifestazioni di alcune popolazioni interessate e delle categorie economiche che si ritenevano colpite. Numerose, infine, le polemiche prese di posizione contrarie dei Sindaci delle cittadine rivierasche. Che il tema fosse a dir poco incandescente lo dimostrano le interrogazioni parlamentari, fra le altre, dei Senatori Murineddu, Mulas e Nieddu, rispettivamente dei gruppi Forza Italia, A.N. e D.S.

La norma del Regolamento più contestata era, ed è, quella che ha introdotto "la gabella, la tassa o il ticket" d'ingresso, per usare alcune espressioni utilizzate da molta parte della stampa. Nell'articolo apparso sul n. 449 a firma Bechini, si legge chiaramente che "la liceità giuridica del balzello è fissata fin dalla legge quadro sulle aree protette tra le entrate del Parco (…); disposizione regolarmente richiamata nella legge istitutiva del Parco della Maddalena". Ciò detto, "Nautica" ribadiva che, pur adottato in base alla legge, il pedaggio non può finire per essere l'elemento caratterizzante di un parco. Valenti giuristi, poi, eccepirono la possibilità che le norme di legge che lo consentono, siano viziate da illegittimità costituzionale.

Che il dibattito, la critica, talvolta anche molto aspra, avesse poi una sua utilità costruttiva, lo dimostrano le correzioni di tiro apportate, ad opera dello stesso Ministro Ronchi, ad alcune norme riguardanti le riserve marine di Portofino e dell'istituenda isola di Ponza.

Nell'infuriare del dibattito la questione assumeva connotati politici. Il Consiglio Comunale, che a norma di legge aveva designato 4 membri componenti del Comitato di gestione dell'Ente Parco, nella seduta del 16 luglio 1999 approva un O.d.G. con il quale sfiduciava lo stesso Comitato di gestione e lo "diffida ad assumere qualunque iniziativa regolamentare che non sia concordata con il Consiglio Comunale; revoca, per quanto di competenza, la designazione dei 4 membri a suo tempo espressi". Con varie sfumature quasi tutti i presenti, rappresentanti dei gruppi di maggioranza ed opposizione, si esprimevano a favore.

Conseguentemente, la polemica sui media saliva ulteriormente di tono, indirizzandosi verso le persone ai vertici dell'Ente gestore del Parco della Maddalena.

E' a questo punto che Nautica decideva di sottoporre la gestione pratica di alcune fra le riserve marine ad un controllo diretto. Sul numero 450, dell'ottobre 1999, pubblicavamo una rassegna comparativa ed un resoconto delle anomalie e delle inefficienze riscontrate, senza cambiare in alcun modo la propria posizione.

Nell'inchiesta vi è uno spazio dedicato al Parco della Maddalena, dove con parole sicuramente consone al generale tono della polemica, si è evitato di riproporre per intero tutta la questione, ribadendo la critica all'introduzione del biglietto d'ingresso, prima che fossero adottate azioni di tutela ambientale (come il contingentamento degli ingressi stessi, la posa di campi boe, ecc.), istituiti servizi per i diportisti.

Tale tesi è stata peraltro sostenuta da parte della stampa quotidiana, di alcuni Sindaci delle cittadine rivierasche, in pubbliche dichiarazioni, ecc., senza che dall'Ente gestore del parco fosse presa alcuna iniziativa, meno che mai giudiziaria.

Solo nel febbraio scorso Nautica ha ricevuto la notifica di un atto di citazione, promosso dall'Ente gestore del Parco della Maddalena e firmato dal suo Presidente, con il quale si chiede il risarcimento di tre miliardi di lire per le opinioni espresse.

L'atto di citazione

"La disinformazione e la lesione dell'immagine dell'organo di gestione ha potenzialità lesiva della sua capacità a conseguire legittime entrate".

"Sembra assai difficile imputare all'ente gestore scorretta o inadeguata gestione o abuso finanziario nei confronti dei fruitori".

"Il danno all'immagine di un'area protetta, un Parco Nazionale, il primo ad essere realizzato in Sardegna, un'area ad alto contenuto naturalistico e paesistiso, è enorme".

"L'illecito (perpetrato da Nautica esponendo le proprie opinioni, ndr) è, pertanto, idoneo a ingenerare falsi convincimenti sull'ente e a distogliere fasce considerevoli di visitatori dalla frequentazione dell'area. E' idoneo a generare false convinzioni sulle capacità gestionali dell'organo preposto alla cura dell'ente pubblico; i suoi componenti ne risultano diffamati".

"I corrispettivi degli ingressi dell'estate '99 ammontano a L. 464.000.000 (tale importo potrà incrementarsi quando un più capillare controllo consentirà di individuare gli abusivi). In sintesi il danno può così riassumersi: venir meno di una delle entrate del parco, valutabile in almeno L. 500.000.000 all'anno, reiterabile nel tempo; danno all'immagine"2.

"In conclusione si chiede di condannare al risarcimento degli ingenti danni nella misura complessiva di L. 3.000.000.000".

Le ragioni di Nautica

  • Favorevoleall'istituzione di un numero congruo di parchi, ben attrezzati e dotati di adeguate risorse economiche.

  • Contrariaad una molteplicità di divieti, quando non servono realmente alla protezione del mare. Sono sufficienti poche ma selettive limitazioni, per ottenere risultati efficaci come in Corsica o ad Ustica.

  • Favorevolealla chiusura a tempo indeterminato (attuale zona "A") solo per aree ristrette, qualora sia essenziale alla riproduzione di specie protette.

  • Favorevoleall'introduzione, in sostituzione di dette zone, della chiusura temporanea e a rotazione di alcuni tratti di costa, per consentire il ripopolamento, lo studio e la ricerca.

  • Contariaalle limitazioni alla navigazione che non siano calibrate sull'effettiva incidenza sull'ambiente: unità a remi, vela, motore; dotate di silenziatori, casse per la raccolta delle acque nere, ecc.

  • Favorevoleal libero accesso, per tutti, dei tratti di mare non sottoposti a chiusura temporanea, ma con limite di velocità.

  • Favorevole

alla predisposizione di itinerari organizzati, segnaletica e materiale divulgativo.

  • Contrariaalla regolamentazione generale delle attività sottoposte a controllo, come pesca non professionale e immersioni, che non rispondano a criteri trasparenti e uguali per tutti.

Le altre testate

Nautica è stata l'unica testata oggetto di una così clamorosa iniziativa legale. Eppure la stampa non ha certamente lesinato critiche severe, in qualche caso rivolte in prima persona agli stessi amministratori. Eppure non ci risulta alcuna reazione. Viene da pensare che la nostra colpa sia stato proprio di fornire alla critica delle motivazioni, così serie, da essere ritenute addirittura destabilizzanti. Ecco pochi esempi. "Il Parco ci porterà alla rovina" (la Nuova Sardegna, 20 luglio 1999); "Gite esentasse per Karim (Aga Kahn) nel Parco - Il Comune si è accollato la spesa dei bollini blu del Principe" e "Alle prese con i ticket del Parco - Le gabelle al turista, i favori a Karim" (la Nuova Sardegna, del 22 e 28 agosto 1999); "L'eco-tassa della Maddalena - La visita all'arcipelago in un mare di polemiche" (Il Sole 24 Ore del 30 agosto 1999); "Tassa Maddalena" e "Accesso al Parco, chi paga non inquina?" (Vela e Motore, agosto 1999); "La tassa per il parco potrebbe essere incostituzionale" (La Nuova Sardegna, 2 settembre 1999). "Bufera sul Parco - La Maddalena azzera il comitato e chiede la Presidenza per Birardi " (La Nuova Sardegna, 17 luglio1999); "Il Parco divide la maggioranza - Pesa la sfiducia ai membri del comitato di gestione" (La Nuova Sardegna 18 luglio 1999).

Giovanni Pileri, Vice-Sindaco di Arzachena: "tra noi e l'Ente parco della Maddalena c'è stato uno scontro, serrato, anche duro, ma nessuno si è mai sognato di intraprendere le vie legali."

L'Ing. Pileri, ha ideato ed organizzato il convegno "Ambiente e porti turistici, ipotesi per uno sviluppo sostenibile", svoltosi nella cittadina rivierasca tra venerdì 31 e sabato 1 aprile scorsi.

Ingegnere cosa è emerso dal convegno?

"Innanzitutto la grande necessità di parlare di questo argomento. Almeno a giudicare dalla massiccia e qualificata presenza. Poi la necessità di completare e rivisitare la normativa esistente, relativamente al rilascio delle concessioni e alle norme di tutela, fra cui, ad esempio, il DPR 509 del '97. Lo stesso Direttore Generale del Demanio, Dr. Provinciali, ha riconosciuto che questo è un punto da cui ricominciare. Io da parte mia ho rimarcato il fatto che lo sviluppo della nautica e quello della tutela ambientale non possono essere messi su due binari separati."

Secondo lei è quello che è accaduto?

"Il peccato originale è già nelle norme di legge. Come ho detto, lo sviluppo del bene mare, in tutte le sue implicazioni, deve essere trattato con una visione omnicomprensiva. Altrimenti si adottano decisioni unilaterali, che portano inevitabilmente a conflitti esasperati."

Per essere più chiari, come a Maddalena?

"L'Ente parco non può pensare di fare regolamenti senza sentire le comunità frontaliere e le associazioni di categoria interessate. Il bacino di utenza è unico ed esorbita rispetto alle linee di confine del parco. Non si può pensare in termini di attività che si svolgono nel parco e attività esterne.

Arzachena ha sempre riconosciuto la validità del progetto parco. Ma deve essere il parco nazionale e non il parco comunale della Maddalena. Dobbiamo fare tutti uno sforzo. Spiegare a chi è intransigentemente ambientalista di diventarlo un po' di meno, e a chi non lo è per niente, un po' di più."

Lei saprà che Nautica è stata citata per tre miliardi di danni, per aver dato voce alla contrarietà dei cittadini. Che ne pensa?

"Non sono in grado di entrare in merito al discorso giudiziale, perché non conosco le carte. Credo comunque che di fronte a problematiche difficili, come questa del parco, dove troviamo anche tanti interessi, sia logico e naturale che ci siano opinioni contrastanti. Come amministratore pubblico posso dire che la libertà di opinione e di critica fa parte del gioco, chi vuol fare questo lavoro lo deve mettere nel conto. Quando l'amministrazione comunale o il Sindaco vengono attaccati sui giornali, se riteniamo che valga la pena, chiediamo che ci sia dato lo spazio per replicare. Altrimenti si fa finta di nulla. Personalmente io avrei chiesto un confronto. Anche perché tra noi e l'Ente parco c'è stato uno scontro, serrato, duro, ma nessuno si è mai sognato di intraprendere le vie legali. Non so proprio a cosa una richiesta di risarcimento possa servire. Quando, invece, è stato possibile il confronto, sono scaturiti accordi importanti."

Qual è la sua opinione sul biglietto d'ingresso?

"E' una scelta che ho contestato, per tante ragioni. La prima perché è impossibile fare un controllo serio. Lo skipass funziona perché si è costretti a passare per un cancelletto, il mare invece è grande. In questo senso avrebbe più senso una sorta di abbonamento stagionale. Poi ha un costo elevato e, infine, finisce col privilegiare il grosso yacht."

In che modo?

"Innanzitutto, perché il crescere del valore delle barche segue una curva esponenziale, mentre la tassa segue una crescita lineare, legata alla lunghezza dello scafo. La misura fuori tutto però non è in grado di evidenziare le capacità inquinanti. Poi mi chiedo perché, se le barche che sono dotate di un sistema di raccolta delle acque nere beneficiano di una riduzione del 50%, le piccole unità fino a 6-7 metri, che non hanno emissioni in quanto sprovviste di bagni e servizi, non ricevano lo stesso trattamento.

Infine, penso che sia un errore il solo pensare che la politica ambientale possa essere finanziata col gettito del biglietto, che rispetto alle esigenze è perlomeno ridicolo. Il biglietto, di entità modesta, deve essere un contributo, il riconoscimento dell'esistenza di un servizio. Ma se pensiamo di finanziarlo con quello stiamo freschi. Lo stato deve individuare le aree da proteggere e dotarle dei mezzi idonei a farlo; all'interno di queste devono essere individuate delle zone primarie, ad esempio per la riproduzione, e li non deve poter entrare nessuno."

Ritiene che il traffico di barche sia diminuito nel corso del '99?

"Direi proprio di no. E per assurdo è quasi inutile che ciò avvenga; basterebbe fare barche che non inquinano perché, ad esempio, dotate delle casse di raccolta cui accennavamo. Contemporaneamente, si deve provvedere al sistema di smaltimento a terra, se no è la solita buffonata."

Vogliamo chiudere con una indicazione?

"Norme di salvaguardia meno restrittive, più semplici e selettive in senso positivo, cioè in grado di discriminare tra il mezzo più o meno inquinante, indipendentemente dalla residenza dei proprietari, capace di garantire la massima fruibilità nel rispetto dell'ambiente.

Le interrogazioni parlamentari non lasciano dubbi

Sen. Murineddu (Ulivo)

"Accertato che il crescente stato di esasperazione per le misure applicate dall'ente gestore del parco sta determinando aspre posizioni di conflitto e contrapposizione tra diversi comuni (…) a causa della presunta introduzione di una normativa discriminatoria tra interni ed esterni all'area parco; valutato che questa pericolosa situazione minaccia di sconvolgere l'assetto civile perfino di popolazioni laboriose e pacifiche dell'isola, si chiede di sapere quali iniziative i Ministri intendano prendere per rasserenare il clima di tensione ed esasperazione."

Sen. Mulas (A.N.)

"Premesso che il comitato di gestione ha adottato una delibera definita regolamento provvisorio del parco; che rendendosi conto dei gravi danni per l'economia che l'entrata in vigore del parco avrebbe causato, ha disposto il congelamento di alcune norme di salvaguardia; che a conferma di tale atteggiamento in data 7 luglio 1998 il presidente del comitato di gestione, alla presenza del Prefetto di Sassari e del Sindaco della Maddalena, invitava le forze dell'ordine alla non applicazione delle norme di salvaguardia e delle relative sanzioni, si chiede di sapere se il Governo sia a conoscenza dell'operato del citato comitato e quali provvedimenti intenda adottare per individuare tutte le responsabilità di carattere civile, penale ed amministrativo."

On. Giovanardi (Misto)

"Premesso che in tale comitato (di gestione, ndr) i rappresentanti del Comune della Maddalena sono in minoranza, concidendo il parco della Maddalena con il territorio della Maddalena, il Consiglio Comunale viene espropriato di sue competenze fondamentali, che vengono esercitate da un organo che si sovrappone ai rappresentanti dei cittadini democraticamente eletti".

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